Il progetto, ideato dal violinista Alessandro Cazzato, si configura come un affascinante viaggio musicale che si dipana tra le composizioni per strumento solo di Goffredo Petrassi e offre la possibilità di apprezzarne, in un unico sguardo, la scrittura compositiva, intima e virtuosistica, per i sei strumenti coinvolti, qui intenti in veri e propri monologhi strumentali. Ci sembra di particolare interesse la possibilità di seguire due percorsi d’ascolto differenti: il primo basato sull’ordine cronologico dei brani, così come presentato nel testo del booklet; il secondo, più evocativo, così come presentato nella tracklist, basato su una ricca trama di associazioni, connessioni, analogie d’ascolto, che si dispiega dal primo all’ultimo brano, qui registrati per la prima volta insieme. Ringraziamo, dunque, tutti coloro che hanno reso possibile questo progetto, con la speranza di raggiungere nuovi ascoltatori che si appassionino sempre di più alla sua musica.
Fabrizio e Francesca Petrassi
Il cammino compositivo di Goffredo Petrassi (Zagarolo, 1904 – Roma, 2003) non segue percorsi predefiniti ma potrebbe essere inteso come una lenta e tormentata evoluzione di pensiero, che si muove – con piena lucidità – tra le memorie musicali della tradizione italiana ed europea: un «monologo interiore del quale noi non possiamo che apprezzare la superficie ammirevole» (Franco Donatoni). Lo sviluppo del suo linguaggio musicale, seguendo la lezione di Massimo Mila, può essere esemplificato dal percorso evolutivo dei Concerti per Orchestra: già dal Secondo Concerto [1951] – principalmente basato, come il Primo [1934], su tecniche di elaborazione motivica – sono evidenti tratti marcatamente bartókiani; nel Terzo [o Récréation concertante, 1952/53] l’utilizzo della serie dodecafonica è prevalentemente lineare, come in molte opere di Alban Berg; il carattere lirico, che contraddistingue il Quarto [1954], svanisce nel Quinto [1955] e nel Sesto [1957],
caratterizzati invece dall’attenzione per la funzione intervallare e il timbro; il Settimo [1964], l’Ottavo [1970] e il Nono Concerto [1972] si contraddistinguono per la prevalente scrittura cameristica, la scintillante varietà ritmica e l’attenzione per un suono brillante, seppur particolarmente pulviscolare. Tuttavia, tale percorso è illuminato anche da momenti di netta distensione, quali possono essere definiti i brani per strumento solo, veri e propri monologhi interiori: in queste elitarie e raffinate nugae (come le definiva Mario Bortolotto) la fantasia e l’innovazione strumentale permettono una più accurata riflessione sul rinnovamento del linguaggio tonale e, sebbene con molta libertà ed estro, sull’organizzazione seriale. Seguendo le parole dello stesso Petrassi, l’inizio del processo compositivo di ogni brano strumentale è «imprevedibile come il suo sviluppo»: si parte da un timbro o da un tema, ma poi, qualora si presenti «una coincidenza casuale degli stimoli esterni con una necessità interiore», si dipana tutto un lavoro «che via via assume una struttura autonoma», in cui nascono concrete figure musicali – veri e propri personaggi nella narrazione musicale – fondate su intervalli, spunti ritmico-melodici, colori timbrici. La pratica compositiva si identifica, infatti, con un empirismo da sapiente artigiano, volto alla conoscenza dei materiali musicali, delle combinazioni timbriche, delle tecniche contrappuntistiche e strumentali. Petrassi, musicista immerso nel contemporaneo e, nel contemporaneo, musicista d’altri tempi, crede fermamente alla germinazione autonoma delle idee musicali attraverso una consequenzialità logica, interna alla musica stessa. In tale modo, nella sua musica nessun messaggio risulta controllabile; la stessa esperienza umana, filtrata da una sempre rinnovata tensione dello spirito, si fa essa stessa musica.
Nell’approcciarsi, dunque, al variegato e policromo cammino compositivo petrassiano, nasce l’opportunità di muovere i primi passi proprio dalle composizioni scritte per pianoforte. Tra queste, la Toccata per pianoforte [5] rappresenta il brano più significativo. Scritta nel 1933 (anno in cui termina gli studi di Composizione e dirige la Partita per Orchestra al Festival della simc ad Amsterdam), la Toccata mostra già un’identità creativa ben marcata in cui, sul modello delle Toccate di Girolamo …….ecc 901603_Booklet
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